“Vorrei
disdire il mio abbonamento”. Si
può incominciare una storia d'amore mandando per sbaglio una burocratica email a uno sconosciuto come accade ad Emmi e Leo che
si scambiano messaggi via via più espliciti, dalla curiosità
intellettuale all'attrazione fisica, costruendo una relazione solo attraverso la
tastiera del computer, senza vedersi né toccarsi mai, ritrovandosi
infine intrappolati nei sentimenti più classici, desiderio, gelosia,
dipendenza. “Nella concezione dell’amore che ho io, la parte più
grande di tutti gli amori è platonica” racconta Daniel Glattauer
che ha pubblicato uno dei più famosi romanzi epistolari ai tempi delle email,
“Le ho mai raccontato del vento del Nord”, oltre un milione di
copie vendute in Germania, tradotto in trentasette paesi e seguito
poi da “La settima onda”. “Nel mondo virtuale i sentimenti
passionali crescono con facilità, perché la fantasia fa uno scherzo
alla realtà e perché l’immaginazione è sufficiente per generare
un’intimità. E’ questo quello che ho voluto illustrare nel mio
romanzo” spiega ancora lo scrittore austriaco, che sta per
pubblicare con Feltrinelli il nuovo “Per sempre tuo”.
L'intervista a Glattauer, 52 anni, giornalista prima di scoprirsi romanziere, si svolge per email, così come suggerito dal suo
agente.
“E'
molto pericoloso, ci vuole coraggio. Per quanto mi riguarda, farò
tutto il possibile per rimanere molto concreto e controllare i miei
sentimenti”.
Parliamo
d'amore.
“Parliamo
della vita. Non si vive senza amare. E senza la speranza dell’amore
non si sopravvive. La cosa bella dell’amore è che anche i
desideri, i ricordi e le fantasie suscitano sentimenti amorosi;
l’amore è chiaramente anche il concetto più labile del mondo.
Quello che mi riscalda il cuore o mi fa sorridere internamente: già
questo è amore”.
Sms,
posta elettronica, social network. Un'autonarrazione dei nostri
sentimenti che prima non esisteva.
“Come
scrittore romantico sono naturalmente felice che i sentimenti amorosi
abbiano trovato una loro strada nella rete virtuale. Per iscritto ci
si può 'annusare' molto bene. Si ha il coraggio di esternare le
emozioni che di persona non si riuscirebbero a esprimere. Le parole
scritte non impegnano e vivono di desideri e fantasia. Chi scrive
liberamente si costruisce il suo proprio mondo. E questo è il
terreno fertile per l'amore. Chi scrive dell'amore all'amore
sopravvive”.
“Il
linguaggio è una pelle. Io strofino il mio linguaggio contro
l’altro. E ‘come se avessi le parole al posto delle dita delle
mani”. Roland Barthes.
“Il
mio modo di vedere il linguaggio, qui e oggi, è decisamente più
spassionato. La lingua è uno strumento. Alcuni lo usano molto bene,
altri meno. A volte non serve. Altre volte non basta. Ma molto più
importante è il comportamento che precede il linguaggio. Se il
comportamento funziona, allora lo strumento del linguaggio si piega
bene all’utilizzo che vogliamo farne”.
Sempre
Barthes diceva: “Sono innnamorato? Sì, finché sto aspettando”. E' impaziente?
“Per
me è tutto diverso. Il ritmo delle mie storie amorose è molto
lento. O, più concretamente: io sto da 27 anni con la stessa donna.
E i nostri ritmi sono stati sempre buoni ritmi. Che negli anni di
gioventù si tenda ad avere storie più brevi – i cosiddetti
one-night-stands – è normale, ed è sempre stato così anche ai
miei tempi. Quando internet non esisteva”.
Provi
a immaginare Emma Bovary o Anna Karenina ai tempi delle email.
Impossibile?
“La
letteratura, come tutte le arti, è un ottimo termometro per misurare
le caratteristiche di ogni epoca. Osservando la storia, possiamo dire
che da sempre fasi di accelerazione si sono alternate a fasi di
rallentamento. I nostri sono senza dubbio tempi veloci. Ma in
psicologia e in psicoterapia sempre di più abbiamo a che fare con il
'burn out' e con altri fenomeni derivanti da una società
ultrarapida e da queste discipline sta nascendo l’esigenza di
rallentare il ritmo. Chissà che presto anche i giovani non ritrovino
la voglia di prendere in mano romanzi come Anna Karenina o Madame
Bovary”.
Quando scatta la voglia di passare oltre allo schermo?
“I sentimenti premono per essere vissuti. Più forti
sono i sentimenti, più forte sarà l’impulso a viverli nella vita
reale. Ma cresce anche la paura di perdere l’illusione del “tutto”.
Nel caso di Leo e Emmi il gioco dei sentimenti – il funambolismo
vertiginoso sulle cime virtuali – ha riempito esattamente il tempo
di due libri”.
Come
definisce la fedeltà amorosa?
“Non
credo che fedeltà, infedeltà e tradimento debbano essere
ridefiniti, proprio perché queste domande si pongono anche nel caso
di una relazione virtuale. E’ la vecchia domanda su cosa sia il
tradimento. E’ solo l’atto, o basta il pensiero? Il mio concetto
del tradimento è molto semplice: essere fedeli vuol dire essere
fedeli a se stessi. Tutto il resto sono regole del gioco interne alla
coppia”.
Una
email è più o meno innocente di un bacio?
“Per
me i baci e le belle parole romantiche appartengono alla stessa
affascinante arte. Ho anche fatto dire al mio personaggio Leo: 'Scrivere è come baciare, ma senza labbra. Scrivere è baciare con
la testa'. La colpa e l’innocenza sono per me concetti che non
hanno nulla a che fare con l’amore. Quando si ama una persona si
desidera tutto il bene per questa persona e si fa di tutto per
assicurarglielo”.
“Mi
piace scrivere dei “grandi sentimenti”. Non sono uno scrittore
intellettuale. Voglio percepire me stesso attraverso la scrittura. E
voglio che i miei lettori e le mie lettrici si auto-percepiscano.
Analogamente io come scrittore “percepisco” tutti i miei
lettori”.
Esiste
una tradizione di sottile ironia e sperimentazione linguistica tra
gli scrittori austriaci, da Musil a Wittgenstein. Si è ispirato a
qualcuno di loro?
“La
mia scrittura è istintiva e non studiata. Non ho romanzi di
riferimento in testa e mentre scrivo non penso consapevolmente ad
altra letteratura. Non mi ero mai chiesto se fossi un erede di Musil
o di Wittgenstein. Mi sembrerebbe sinceramente un po’ pretenzioso
pensarlo. Trovavo anche molto divertente che alcuni critici
accostassero i miei romanzi per e-mail ai 'Dolori del giovane
Werther'. Non ho pensato mezzo secondo a Goethe. Spero che mi venga
perdonato”.
Quanto
è possibile sublimare attraverso la scrittura?
“Io
credo che anche con le parole si possa piangere, abbracciare e
gridare. Ho permesso a Leo e Emmi di fare tutto ciò, fin troppo. Tra
l’altro ci sono state una settantina di trasposizioni teatrali dei
miei romanzi, e sul palcoscenico ho visto spesso Leo e Emmi piangere
e gridare con grande gestualità”.
In
una relazione, ha più coraggio l'uomo o la donna?
“Per
me non c’è differenza fra uomo e donna. Vigliacco è chi se ne va.
Coraggioso è chi resta. E’ da vigliacchi vivere le relazioni come
consumazioni e levarsi di torno una volta saziati. E’ da coraggiosi
restare, non spaventarsi di fronte agli ostacoli, prendre
consapevolezza delle zone d’ombra di una relazione, tenere il
Grande Tutto davanti agli occhi, la responsabilità delle nostre
azioni, dei nostri sentimenti e della relazione in sé”.
très bien
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